TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                            Sezione Prima 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro  generale  1985  del  2014,   proposto   da:   Altroconsumo,
Assoprovider - Associazione Provider  Indipendenti  -  Confcommercio,
Movimento   Difesa   del   Cittadino,   Assintel   -   Confcommercio,
rappresentati e difesi dall'avv. Fulvio Sarzana Di S.  Ippolito,  con
domicilio eletto presso Fulvio Sarzana Di S. Ippolito  in  Roma,  via
Velletri n. 10; 
    Contro   Autorita'   per   le   Garanzie   nelle   Comunicazioni,
rappresentata  e  difesa  per  legge  dall'Avvocatura  dello   Stato,
domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
 
                          Nei confronti di 
 
    Rai Radiotelevisione  Italiana  S.p.a.,  rappresentata  e  difesa
dall'avv. Emanuela Rotolo,  con  domicilio  eletto  presso  Direzione
Affari Legali Soc. Rai S.p.a. in Roma,  viale  Mazzini  n.  14;  Soc.
Ctmobi S.r.l., Associazione Fotografi Professionisti Tau Visual; 
    e con l'intervento di ad opponendum: 
      Soc. Italiana Autori ed Editori - Siae - rappresentata e difesa
dagli  avv.  Massimo  Luciani,  Maurizio  Mandel,  Stefano   Astorri,
Aristide Police, Alessandra Amendola,  con  domicilio  eletto  presso
Maurizio Mandel in Roma, v.le della Letteratura n. 30;  Confindustria
Cultura Italia-Federazione Italiana dell'Industria,  rappresentata  e
difesa dagli avv. Gilberto Nava, Francesca Salerno, Alessandro Botto,
con domicilio eletto presso Studio Legale Assoc Legance in Roma,  via
XX Settembre n. 5; Soc. Confidustria Cultura Italia - Fed.ne Italiana
Industria Culturale, rappresentata e  difesa  dagli  avv.  Alessandro
Botto,  Gilberto  Nava,  Filippo  Pacciani,  Francesca  Salerno,  con
domicilio eletto presso Associato Studio Legale Legance in Roma,  via
XX Settembre n. 5; 
 
                         Per l'annullamento 
 
    Della delibera n. 680/13/CONS del 12  dicembre  2013,  pubblicata
sul  sito  dell'Autorita'  in  data   18   dicembre   2013,   recante
«Regolamento in materia di tutela del diritto d'autore sulle reti  di
comunicazione elettronica e procedure attuative ai sensi del  decreto
legislativo 9 aprile 2003, n. 70»; 
    Nonche' dell'Allegato A alla  delibera:  n.  680/13/CONS  del  12
dicembre 2013 «Regolamento in materia di tutela del diritto  d'autore
sulle reti di comunicazione  elettronica  e  procedure  attuative  ai
sensi del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70»; 
    Di ogni altro atto, anche  non  cognito,  connesso,  conseguente,
coordinato,  precedente  o  successivo  all'atto  impugnato  in   via
principale; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio di  Autorita'  per  le
Garanzie nelle Comunicazioni e di  Rai  -  Radiotelevisione  Italiana
S.p.a.; 
    Visti gli atti di intervento in giudizio di Soc. Italiana  Autori
ed Editori - Siae Confindustria  Cultura  Italia  -  Fed.ne  Italiana
Industria Culturale; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2014 il dott.
Raffaello Sestini e uditi per le parti i difensori  come  specificato
nel verbale; 
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. 
    1  -  Con  il  gravame  in  epigrafe,  Altroconsumo  e  le  altre
Associazioni  ricorrenti  impugnano  il  regolamento  con  il   quale
l'Autorita' per le Garanzie nelle  Comunicazioni  (d'ora  in  avanti:
AGCom) e' intervenuta, per la prima volta, in materia di  tutela  del
diritto d'autore sulle reti di  comunicazione  elettronica  (la  rete
internet e quella radiotelevisiva), prevedendo una  procedura  intesa
ad offrire  un'efficace  protezione  del  predetto  diritto  mediante
strumenti di  rapido  intervento,  che  peraltro,  almeno  quanto  ad
internet, a giudizio dei ricorrenti  non  garantiscono  adeguatamente
ne' il diritto di accesso dei cittadini alla rete ne' il  diritto  di
libera manifestazione del pensiero sancito dalla nostra Costituzione. 
    2 - Secondo le ricorrenti, in particolare, l'AGCom non ha affatto
il potere di disciplinare interventi repressivi amministrativi in una
materia che la legge, e prima ancora la Costituzione  ed  il  diritto
europeo,  riservano  alla  cognizione  del  giudice  a  tutela  delle
liberta' di espressione del pensiero e di  concorrenza  economica,  e
comunque  nell'adottare  il  regolamento   ha   compiuto   molteplici
illegittimita'  procedurali.   Vengono   inoltre   dedotte   numerose
specifiche  censure  di   carattere   sostanziale,   concernenti   le
disposizioni  del  regolamento  che  disciplinano   il   procedimento
amministrativo volto alla cessazione  delle  violazioni  del  diritto
d'autore poste in essere sulla rete mediante  l'ordine  di  rimozione
delle singole informazioni o delle pagine web interessate, laddove si
verifichino «occasionali violazioni»  del  diritto  d'autore,  ovvero
mediante l'ordine di «oscuramento»  dell'intero  sito  rispetto  agli
utenti italiani, laddove la violazione sia «massiva» o  il  sito  che
ospita contenuti illegali sia ubicato su server collocati  fuori  dal
territorio italiano (ipotesi ritenuta dalla stessa  Difesa  di  AGCom
«invero  molto   frequente   nella   pratica»),   all'esito   di   un
procedimento, delineato agli artt. 7 e 12, che secondo  i  ricorrenti
non garantisce,  anche  per  l'estrema  ristrettezza  dei  tempi,  le
garanzie di partecipazione e di pieno contraddittorio tra le parti, e
che  potra'  essere   poi   impugnato   solo   innanzi   al   Giudice
amministrativo, violando la riserva di giurisdizione ed il  principio
del giudice naturale. 
    3 - L'AGCom, costituitasi in giudizio, dopo  aver  contestato  la
carenza di legittimazione e di interesse delle  ricorrenti,  risponde
che  l'iniziativa  impugnata  e'   volta   a   tutelare   l'interesse
pubblicistico  allo  sviluppo  della  creativita'  ed  alla  corretta
diffusione  della  cultura  e  delle  informazioni  (e,  quindi,   in
definitiva,  la  possibilita'  di  scelta  dell'utente  di  contenuti
digitali), interesse che rischia di essere mortificato in assenza  di
efficaci strumenti di  tutela,  a  causa  della  "pervasivita'  dello
strumento telematico" rendendosi necessario un intervento  rapido  ed
efficace in via amministrativa, che si ponga come alternativo  e  non
sostitutivo di quello dell'Autorita' giudiziaria. Tuttavia,  prosegue
l'AGCom, in considerazione  della  «delicatezza  degli  interessi  in
rilievo,  a  volte  anche  confliggenti  tra  loro»,  l'adozione  del
regolamento  e'  stata  preceduta  da  un  lungo  confronto  con  gli
stakeholders,  avviato  gia'  nel  2010  con   una   prima   indagine
conoscitiva sul tema,  poi  proseguita  da  successive  consultazioni
pubbliche (delibera n. 4521/13), da audizioni  di  tutti  i  soggetti
interessati che vi hanno  fatto  richiesta  e  da  una  procedura  di
notifica comunitaria. 
    Per quanto riguarda internet, prosegue l'AGCom, il  testo  finale
del Regolamento si  rivolge  solo  ai  prestatori  di  servizi  della
societa'  dell'informazione  («intermediari»   o   internet   service
providers - ISP ) che effettuano attivita' di  "mere  conduit"  o  di
"hosting", ovvero che si limitano ad offrire l'accesso alle  reti  di
comunicazione elettronica o il semplice trasporto delle  informazioni
fornite da soggetti  terzi  (i  destinatari  del  servizio),  nonche'
quelli che offrono  un  servizio  di  memorizzazione  temporanea,  in
quanto soggetti tecnicamente in grado di garantire l'attuazione degli
ordini di rimozione o di  oscuramento  impartiti,  a  prescindere  da
qualsivoglia valutazione in  merito  alla  responsabilita'  (o  meno)
della violazione  lamentata,  senza  incidere  sulla  disciplina  del
diritto d'autore, ma solo per evitare che  le  sue  violazioni  siano
portate ad ulteriori conseguenze. 
    4 - Anche Rai Radiotelevisione Italiana S.p.a., si e'  costituita
in  giudizio  a  difesa   del   regolamento   (che   per   la   parte
radiotelevisiva  -  estranea  al  presente  giudizio  -  risulterebbe
impugnato da Sky mediante ricorso straordinario al Capo dello Stato).
Si sono inoltre costituiti in giudizio ad opponendum, per  contestare
la ammissibilita' e fondatezza  del  ricorso,  la  Societa'  Italiana
Autori ed Editori - Siae - (la cui  legittimazione  viene  a  propria
volta contestata dai  ricorrenti),  Confindustria  Cultura  Italia  -
Federazione  Italiana  dell'Industria  Culturale.  La  SIAE  ha,   in
particolare, anche allegato autorevolissimi pareri giuridici di parte
per confutare le ragioni dei ricorrenti. 
    5 - Tutte le parti hanno  ampiamente  argomentato  le  rispettive
posizioni mediante successive memorie, che peraltro, per gli  aspetti
che concernono la successiva concreta attuazione data al  regolamento
da  AGCom,  restano  del  tutto  estranee  all'oggetto  del  presente
giudizio, e  non  possono  quindi  essere  in  alcun  modo  prese  in
considerazione dal Collegio. L'esame dell'istanza cautelare  proposta
dai ricorrenti e'  stata  rinviata  al  merito,  e  nella  camera  di
consiglio del 25 giugno 2014 il ricorso e'  stato  infine  introitato
dal Collegio per la decisione. 
    6 - Devono essere in primo luogo esaminate  la  legittimazione  e
l'interesse ad agire delle ricorrenti, che vengono revocate in dubbio
dalle resistenti e  dalle  intervenienti  ad  opponendum  ma  che,  a
giudizio del Collegio, appaiono viceversa certe.  Infatti,  la  prima
ricorrente (Associazione Altroconsumo) e' statutariamente deputata  -
e quindi legittimata per legge - ad agire a  tutela  della  categoria
dei consumatori, cui  appartengono  i  propri  associati,  e  che  ha
certamente un interesse attuale e concreto ad impugnare  la  delibera
di approvazione di un regolamento che incide fortemente sulla  futura
liberta' dei consumatori italiani di accedere, sul web, a prodotti  e
servizi anche diversi da quelli sospettati di violazione del  diritto
d'autore (in particolare in caso di oscuramento dell'intero sito),  e
per i quali la violazione non e' stata comunque fino a  quel  momento
accertata da alcun organo giurisdizionale. 
    A maggior ragione, le  altre  associazioni  ricorrenti  hanno  un
interesse immediato e diretto ad impugnare il Regolamento de quo, che
contiene prescrizioni suscettibili di pregiudicare i diritti di tutti
gli  associati  ad  Assoprovider  e   di   Assintel,   ovvero   della
associazione di  rappresentanza  dei  provider  e  delle  imprese  di
comunicazione elettronica  a  prescindere  dalla  impugnabilita'  del
futuro   singolo   atto   interdittivo   da   parte    dell'associato
specificamente leso da quel provvedimento. 
    Infatti il regolamento, come sara' meglio evidenziato di seguito,
prevede (in via istituzionale ed a regime, e  non  in  via  meramente
ipotetica)  che  l'AGCom  (peraltro  in  veste   di   amministrazione
vigilante e non  di  autorita'  indipendente)  possa  unilateralmente
accogliere le istanze  proposte  (e  reiterabili  senza  limiti)  dei
privati proprietari di diritti di proprieta'  intellettuale  e  delle
loro associazioni di rappresentanza, quali  la  SIAE,  disponendo  la
rimozione di contenuti dal web  o  la  interdizione  dell'accesso  ad
interi siti: gli internet provider e gli  altri  operatori  del  web,
diretti destinatari del regolamento  impugnato,  si  vedono,  quindi,
costretti a mutare fin da ora la propria organizzazione ed  attivita'
per rispondere ad obblighi di monitoraggio e di intervento diversi ed
ulteriori - e molto piu' gravosi -  rispetto  a  quelli  attuali,  in
quanto  le  norme  finora  vigenti,  in  particolare  in  materia  di
contrasto alla pedopornografia via Internet ed  al  gioco  telematico
d'azzardo, sono riferite solo a specifici settori  (il  mercato  «per
adulti» ed il «gioco») e postulano un riferimento a  parametri  certi
ed oggettivi (il divieto di legge di sfruttamento sessuale dei minori
e del gioco d'azzardo non  autorizzato),  mentre  le  violazioni  del
diritto d'autore possono  essere  trasversalmente  riferite  ad  ogni
prodotto e servizio offerto sul web, ed il loro accertamento ha  ogni
volta  confini  incerti  e  variabili,   dovendosi   procedere   alla
comparazione  con  il  prodotto  o  servizio  oggetto  di  proprieta'
intellettuale altrui e dovendosi separare  la  violazione  dagli  usi
invece leciti, riferiti  ad  esempio  all'esercizio  del  diritto  di
citazione e di critica ed ai casi di opere tradizionali e di pubblico
dominio ovvero messe a disposizione del pubblico dallo stesso autore. 
    Nell'atto impugnato e' dunque  effettivamente  riconoscibile  una
capacita' lesiva di interessi unitari  di  determinate  categorie  di
soggetti,  cosi'  come  dedotto  dalle  ricorrenti,  che  citano   la
giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. St., V, 29 gennaio 1999,
n. 69 e 1° luglio 2002, n. 3568) secondo cui "la norma regolamentare,
pur non potendo, per il suo carattere di generalita'  e  astrattezza,
provocare un pregiudizio immediato in  capo  al  singolo  (che  sara'
inciso solo dal provvedimento applicativo),  puo',  tuttavia,  essere
fonte di prescrizioni  che  colpiscono  indistintamente,  in  maniera
indifferenziata, l'interesse omogeneo di tutti gli appartenenti  alla
categoria.  E'  questo  interesse  omogeneo  che  e'  oggetto   della
situazione  giuridica  soggettiva  della  quale  e'  titolare  l'ente
esponenziale";  (pertanto)  "gli  enti  esponenziali   di   interessi
collettivi possono  direttamente  impugnare  gli  atti  regolamentari
illegittimi, prima che questi siano oggetto di specifica applicazione
nei confronti dei singoli appartenenti alla categoria di riferimento,
per chiederne l'annullamento, al fine di tutelare interessi  omogenei
degli  appartenenti  al  gruppo  e  cioe'  la  situazione   giuridica
soggettiva della quale sono titolari". 
    (Conforme Consiglio di Stato Commissione  speciale,  14  febbraio
2013, n. 677, Cons. Stato, Commissione speciale, 26 giugno  2013,  n.
3014, Tar Lombardia n. 02644/2011, Cons. Stato, sez. IV, 18  novembre
2013, n. 5451, Cons. Stato sez. I, 3 luglio 2013, parere n. 3097). 
    Conclusivamente,  il  carattere  generale  ed   astratto   -   ma
immediatamente lesivo per intere categorie  di  destinatari  -  delle
previsioni   regolamentari   del   provvedimento   impugnato   radica
l'interesse ad agire degli appartenenti alle  predette  categorie  e,
quindi,  la  legittimazione  a  ricorrere  delle  loro   associazioni
rappresentative. Cio' al contempo implica, da un lato, la irrilevanza
degli eventuali provvedimenti attuativi ai fini del presente giudizio
e, dall'altro, la non sussistenza di un danno grave  ed  irreparabile
per le associazioni  ricorrenti,  ai  fini  della  concessione  delle
misure cautelari da esse richieste con separata istanza. 
    Occorre altresi'  evidenziare  che  le  ricorrenti  contestano  a
propria  volta  la  legittimazione  della  SIAE,  che  non   potrebbe
intervenire in giudizio quale soggetto terzo, rivestendo un ruolo  di
parte attiva nel procedimento impugnato. 
    Anche la predetta eccezione appare pero' priva di fondamento,  in
quanto, alla stregua del principio di presunzione di legittimita' (in
questo  caso,  comunitaria  e  costituzionale),  alla  normativa  che
attribuisce compiti di tutela del  diritto  d'autore  alla  SIAE  non
puo', comunque, essere ricondotta alcuna  posizione  di  appartenenza
obbligatoria dei titolari di opere d'ingegno alla  SIAE,  ne'  alcuna
esclusiva della SIAE nella rappresentanza dei loro interessi e  nelle
azioni  di  contrasto  alla  «pirateria».  Pertanto  il  procedimento
gravato  potra'  essere  indifferentemente   attivato   dai   privati
interessati o da qualsiasi ente da essi delegato, restando  meramente
volontaria ed eventuale la partecipazione della SIAE, che puo' quindi
ben intervenire in giudizio quale soggetto terzo. 
    7 - Nel  merito,  le  associazioni  ricorrenti  propongono  venti
motivi  di  ricorso,  che,  pur  nel  rispetto   del   principio   di
sinteticita'  degli  atti,  devono  essere  partitamente   esaminati,
unitamente alle controdeduzioni delle parti resistenti, ai fini della
decisione. 
    8 - Devono essere evidenziati, innanzitutto, il primo e nel sesto
motivo di ricorso, con i quali le ricorrenti negano che  dalle  fonti
normative citate a presupposto dal  regolamento  possa  ricavarsi  la
legittimazione dell'AGCom ad  intervenire  nella  materia  in  esame,
avendole la legge n. 249/97 (n. 3 dell'art. 1, comma  6,  lettera  b)
attribuito una funzione di mero monitoraggio, mentre  l'art.  182-bis
L. Autore fonderebbe esclusivamente un potere di  generale  vigilanza
in capo all'AGCom. La legge n. 481/95 prevederebbe, infine,  solo  un
potere di "direttiva" per le Autorita' indipendenti. 
    Al contrario le resistenti, e gli autorevolissimi pareri da  esse
allegati, sostengono che la lettura sistematica e coordinata di tutte
le disposizioni  menzionate  delinea  in  maniera  inequivocabile  la
competenza dell'Autorita'  a  reprimere  le  violazioni  del  diritto
d'autore perpetrate sulle reti di  comunicazione  elettronica,  anche
senza ricorrere  alla  giurisprudenza  del  Consiglio  di  Stato  che
riconosce poteri regolatori alle Autorita' ed alla  teoria  dei  c.d.
«poteri impliciti» (connessi, in questo caso, ai compiti di vigilanza
spettanti all'AGCom), in base alla quale  l'attivita'  di  normazione
secondaria troverebbe piena legittimita' ogniqualvolta il legislatore
si limiti a dettare le finalita' di un precetto, delegando  di  fatto
all'Amministrazione investita della norma il potere  implicito  della
determinazione in concreto della  competenza  attribuita.  L'adozione
del regolamento, allora, risponderebbe proprio alle invocate esigenze
di definire un procedimento che  assicuri  le  piu'  ampie  forme  di
garanzia e partecipazione dei soggetti coinvolti. 
    9 - Strettamente connessi alle censure ora  evidenziate  sono  il
secondo ed il quinto motivo di doglianza, con i quali si  censura  il
vizio   di   incompetenza   assoluta   dell'AGCom   a   causa   della
sovrapposizione tra la fattispecie  disciplinata  dal  regolamento  e
quella recata dall'art. 156 della legge  sul  diritto  d'autore,  che
regola le misure cautelari e le azioni civili  poste  a  salvaguardia
dei diritti d'autore, riconducendone la competenza in capo al giudice
ordinario. La prevista competenza in  via  amministrativa  violerebbe
dunque la riserva giurisdizionale posta dalla  legge,  in  attuazione
del precetto di cui all'art. 21 Cost. in materia di diritto d'autore,
mentre l'impugnabilita' dei  provvedimenti  interdittivi  davanti  al
giudice amministrativo,  quando  la  legge  al  contrario  affida  al
giudice ordinario le controversie in  materia  di  diritto  d'autore,
violerebbe il principio del giudice naturale. 
    Le  resistenti  controdeducono  che  il  decreto  legislativo  n.
140/2006, di attuazione della Direttiva 2004/48/CE (sul rispetto  dei
diritti di proprieta' intellettuale) ha introdotto  all'art.  156  un
secondo comma che fa espressamente salve le disposizioni  di  cui  al
decreto  legislativo  9  aprile   2003,   n.   70,   che   affiancano
all'Autorita' giudiziaria quella amministrativa  avente  funzioni  di
vigilanza. 
    Su tale base,  quindi,  e'  stato  disciplinato  un  procedimento
amministrativo volto ad impedire il procrastinarsi  delle  violazioni
accertate, e non a perseguire  la  violazione  primaria  del  diritto
d'autore, vale a dire l'illegittima messa a disposizione di  un'opera
digitale coperta da  copyright,  circostanza  che  comporterebbe  una
responsabilita' civile e penale in capo all'autore  della  diffusione
non autorizzata, ed il cui accertamento e'  (e  resta)  di  esclusiva
competenza dell'Autorita' giudiziaria ordinaria. 
    Ne  sarebbe  prova  il   rilievo   attribuito   dal   Regolamento
all'adeguamento   spontaneo   del   soggetto    destinatario    della
comunicazione  di  avvio,  con  la  conseguente   archiviazione   del
procedimento, mentre in caso contrario l'Autorita'  si  limitera'  ad
ordinarne  la   rimozione   dei   contenuti   dal   web   ovvero   la
disabilitazione dell'accesso alle opere digitali,  ai  prestatori  di
servizi di mere conduit e hosting, i quali potranno essere sanzionati
non per la  violazione  del  diritto  d'autore,  ma  per  l'eventuale
inottemperanza al predetto ordine dell'AGCom. 
    Dunque,  non  avrebbe  consistenza  la  censura   relativa   alla
violazione della riserva di giurisdizione, in  quanto  la  disciplina
recata dal Regolamento gravato non si porrebbe in  contrasto  con  la
norma primaria, che attribuisce al Giudice ordinario la competenza  a
conoscere della materia, giacche' detta disciplina e' solo  attuativa
di una via,  quella  amministrativa,  che  un'altra  fonte  normativa
primaria (comunitaria e nazionale) avrebbe provveduto a fondare. 
    Neppure vi sarebbe una violazione dell'art. 25,  comma  1,  della
Costituzione,  poiche'  in  caso  di  impugnativa  del  provvedimento
adottato dall'Autorita' in attuazione del regolamento, la  competenza
sara' del giudice amministrativo solo quale  "giudice  naturale"  dei
provvedimenti dell'autorita' amministrativa. 
    Quanto al necessario raccordo tra il procedimento  amministrativo
e  quello  giudiziario,  lo  stesso  sarebbe  garantito   dalla   non
procedibilita'  dell'istanza  qualora  sia  stata  adita  l'autorita'
giudiziaria  e  dall'archiviazione  del  procedimento  amministrativo
laddove il soggetto istante adisca l'autorita' giudiziaria  (art.  6,
comma 3 e art. 7, comma 7 del regolamento).  Secondo  le  resistenti,
infine, la contestata limitazione dell'archiviazione del procedimento
al solo caso in cui l'Autorita' giudiziaria venga adita dal  soggetto
istante, e non anche su iniziativa degli altri soggetti eventualmente
coinvolti, deriverebbe dall'esigenza di evitare che altri soggetti si
rivolgano strumentalmente alla magistratura al solo scopo di bloccare
il procedimento in corso presso l'Autorita'. 
    10 - Le censure sopraindicate, reiterate  sotto  profili  diversi
dal quindicesimo e sedicesimo  motivo  di  ricorso,  dovranno  essere
specificamente  esaminate  dal  Collegio  nei  paragrafi  successivi,
poiche' concretano il «cuore» della controversia ed evocano  delicati
profili giuridici concernenti la doverosa ponderazione fra  interessi
costituzionalmente protetti, ed evidenziando, si anticipa fin da ora,
la   possibile   illegittimita'   costituzionale   delle   previsioni
legislative che fondano il potere esercitato dall'AGCom. Piu' agevole
appare invece la definizione  delle  ulteriori  censure,  di  seguito
evidenziate, che non risultano fondate, confermandosi in tal senso la
rilevanza della predetta questione di legittimita' costituzionale  ai
fini della decisione della causa a quo. 
    11 - Venendo dunque  alle  altre  censure  dedotte,  il  Collegio
considera quanto segue. 
    11.1 - Con il terzo motivo di ricorso le ricorrenti contestano la
legittimita' dei provvedimenti dell'Autorita' che impongono  obblighi
di facere  in  capo  agli  operatori  di  comunicazione  elettronica,
lamentando la violazione dell'art. 23 della Costituzione. 
    Come evidenziato dalle resistenti, la censura non palesa peraltro
reale consistenza, in quanto e' proprio la legge, come sopra indicato
(decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70) che sottopone  i  soggetti
destinatari del regolamento ad una particolare disciplina, sottoposta
alla vigilanza dell'AGCom. 
    11.2 - Con il quarto motivo di ricorso le  ricorrenti  denunciano
l'illegittimita' del provvedimento impugnato  in  quanto  emanato  in
violazione  della   direttiva   2004/48/CE,   attuata   con   decreto
legislativo n.  140/2006,  che  conferirebbe  il  potere  di  emanare
provvedimenti inibitori  alla  sola  autorita'  giudiziaria,  nonche'
della  direttiva  2001/29/CE,  attuata  con  decreto  legislativo  n.
68/2003, che non stabilisce regole per gli intermediari. 
    Anche le predette  censure  non  sono,  peraltro,  meritevoli  di
accoglimento, dovendosi accedere alla tesi delle  resistenti  secondo
cui  il  procedimento  amministrativo  impugnato  non  e'   volto   a
perseguire la violazione  primaria  del  diritto  d'autore,  tutelato
dalle norme soprarichiamate, il cui accertamento resta  di  esclusiva
competenza  dell'Autorita'  giudiziaria  ordinaria.  Il  procedimento
amministrativo dell'Autorita' e il procedimento innanzi all'Autorita'
giudiziaria corrono dunque su piani  distinti  e  separati.  In  ogni
caso, le richiamate direttive non sembrano pregiudicare la disciplina
giuridica  del  commercio  elettronico  (direttiva  2000/31/CE),  che
radica la vigilanza dell'AGCom sugli intermediari  (anche)  a  tutela
del diritto d'autore on-line. 
    11.3 - Il quinto e sesto motivo di ricorso integrano,  come  gia'
detto, le doglianze sollevate con i  primi  due  motivi  di  ricorso.
Venendo invece alle censure di ordine  procedurale,  con  il  settimo
motivo di ricorso, le ricorrenti lamentano  la  «totale  difformita'»
del   provvedimento   impugnato   dalle   risultanze    dell'indagine
conoscitiva condotta a partire dal 2010 e dallo Schema di Regolamento
di cui alla delibera n. 398/11/CONS. 
    Cosi' come osservato dalle resistenti, la censura  e'  infondata,
in quanto la lunga ed  articolata  consultazione  avviata  dall'AGCom
resta un'attivita' di sostegno, ausiliaria rispetto  alla  competenza
amministrativa svolta, diretta ad analizzare un dato settore al  fine
di individuarne le criticita' ed i possibili strumenti di intervento,
e non puo' ne' confermare ne' negare le competenze  di  legge  (e  le
responsabilita') dell'amministrazione. A propria volta, lo schema  di
delibera elaborato in tale ambito non  puo'  essere  considerato  una
sorta di provvedimento anticipato sul  quale  gli  operatori  possano
maturare un legittimo affidamento e sufficiente a generare di per se'
l'illegittimita'  delle  eventuali  difformita'   del   provvedimento
finale. 
    11.4 - Con l'ottavo motivo di ricorso le ricorrenti lamentano  un
«irrimediabile vizio procedimentale» per non aver l'AGCom inserito  i
pareri dei giuristi nel fascicolo della consultazione pubblica. 
    Come rilevato dalle resistenti, le doglianze in esame,  ancorche'
solo formali, sono peraltro prive di  fondamento,  non  essendovi  un
obbligo  di  acquisizione  al  procedimento  delle   riflessioni   di
carattere scientifico rilasciate a titolo personale, che al contrario
ben possono essere valutate dall'interprete della legge, al  pari  di
ogni altra circostanza, al  fine  di  valutare  l'opportunita'  e  la
stessa legittimita' del procedimento impugnato. 
    11.5 - Con il nono motivo di ricorso i  ricorrenti  lamentano  la
presunta assenza di analisi di impatto della  regolamentazione  (AIR)
rispetto all'adozione del regolamento, ma  nel  vigente  ordinamento,
osserva il Collegio, l'AIR non e' soggetta a formule sacramentali  la
cui violazione possa  incidere  sulla  legittimita'  della  decisione
finale. In particolare, le  consultazioni  e  l'ampio  dibattito  che
hanno preceduto  l'adozione  del  regolamento  hanno  ben  consentito
all'AGCom di chiarire l'impatto ed i profili  problematici  connessi,
anche   quanto   alla   possibile   violazione   di   altri    valori
costituzionalmente tutelati, di modo che la sua  scelta  finale  puo'
essere censurata sul piano dell'opportunita' e (come  vedremo)  della
possibile   illegittimita'   costituzionale   della   normativa    di
riferimento,  ma  non  sul  piano  della  non  consapevolezza   delle
conseguenze della propria iniziativa. 
    11.6 - Con il decimo motivo di ricorso  le  ricorrenti  lamentano
che i  costi  delle  rimozioni  sono  integralmente  a  carico  degli
internet service provider, mentre i titolari  del  diritto  d'autore,
che non incontrano limiti nel  numero  di  segnalazioni  che  possono
avanzare,   non   contribuiscono   in   alcun   modo   al    bilancio
dell'Autorita'. Anche la doglianza in esame, come  evidenziato  dalle
resistenti, non appare peraltro decisiva,  in  quanto  nell'esercizio
dei poteri di vigilanza e di  tutela  dell'amministrazione  non  puo'
farsi discendere dall'assenza del contributo un  diniego  di  tutela,
non trattandosi  di  prestazioni  corrispettive,  mentre  secondo  la
vigente normativa comunitaria e nazionale gli ISP possono ben  essere
destinatari di provvedimenti dell'Autorita' di  vigilanza  diretti  a
limitare le "esternalita' negative" della loro  attivita'  economica,
come gia'  accade,  ad  esempio,  in  relazione  ai  giochi  illegali
on-line. 
    11.7 - Con l'undicesimo motivo di ricorso le ricorrenti lamentano
anche la difformita' tra le definizioni  contenute  nella  legge  sul
diritto d'autore e  quelle  di  cui  al  Regolamento  impugnato,  con
particolare riguardo alla definizione di «opera digitale». 
    La censura non risulta, peraltro, particolarmente  pregnante,  in
quanto il principale disallineamento, ovvero la limitazione all'opera
«diffusa su reti  di  comunicazione  elettronica»,  e'  semplicemente
dovuta all'esigenza di delimitare i confini dell'ambito  d'intervento
dell'Autorita', allineandoli al suo ambito di vigilanza. 
    11.8  -  Con  il  dodicesimo  motivo  di  ricorso  le  Ricorrenti
contestano la sussistenza di un fondamento al  potere  dell'Autorita'
in tema di promozione di codici  di  condotta  e  di  promozione  del
mercato legale; potere che spetterebbe, per  legge,  alla  Presidenza
del  Consiglio  dei  ministri.  Peraltro  la  questione,  osserva  il
Collegio, non appare utile ai fini della decisione del  ricorso,  che
concerne   invece   l'adozione   di   provvedimenti   coercitivi   ed
interdittivi, rispetto ai quali sembra restare estranea ogni  pretesa
finalita' pedagogica o promozionale. 
    11.9 - Con il tredicesimo e quattordicesimo motivo di ricorso  le
ricorrenti  lamentano  la  violazione  del  principio   nazionale   e
comunitario del  "contraddittorio",  sotto  il  duplice  profilo  del
"salto"  dei  soggetti  (uploader  o  gestore  della  pagina  web   )
«irrintracciabili» e della eccessiva brevita' dei termini concessi ai
soggetti «rintracciati» e chiamati  a  partecipare  al  procedimento.
Sollevano pertanto anche una questione pregiudiziale comunitaria. 
    Anche  le  censure  e  la  richiesta  in  esame  vanno   peraltro
rigettate, sulla base  delle  considerazioni  gia'  esposte,  essendo
quanto meno improprio  lamentare  la  violazione  del  principio  del
contraddittorio, che  contraddistingue  il  processo  o  al  piu'  un
procedimento amministrativo di natura contenziosa, mentre  qui  opera
un procedimento di natura  meramente  amministrativa,  caratterizzato
dal meno pregnante principio della partecipazione procedimentale, che
va ponderata con le eventuali ragioni  d'urgenza.  A  tale  riguardo,
precisano le resistenti che la previsione di termini  brevi  risponde
all'esigenza di  assicurare  efficacia  e  certezza  alle  situazioni
giuridiche tutelate, in un contesto digitale che impone la necessaria
tempestivita' degli interventi amministrativi a  tutela  del  diritto
d'autore per garantirne l'efficacia. 
    Resta peraltro aperto, osserva il Collegio, il diverso tema della
idoneita' di una procedura amministrativa a disciplinare, cosi'  come
in questo caso, la compressione di diritti inviolabili dei cittadini,
ma tale diverso profilo sara' affrontato nell'ambito della  questione
di legittimita' costituzionale che sara' piu' avanti evidenziata. 
    11.10 - Si e' gia' detto del quindicesimo e sedicesimo motivo  di
ricorso. 
    Con  il  diciassettesimo  e  diciottesimo  motivo  le  ricorrenti
censurano la pretesa ampiezza ed  eccessiva  genericita'  dei  poteri
attribuiti dal regolamento all'AGCom,  in  violazione  di  canoni  di
adeguatezza, di specificita' e proporzionalita' delle misure. 
    Anche la censura in esame e' pero' infondata, in  quanto  l'AGCom
nell'applicazione del regolamento sara' comunque tenuta  al  rispetto
dei criteri di gradualita', di  proporzionalita'  e  di  adeguatezza,
peraltro  nell'esercizio  delle  competenze  e  dei  poteri  ad  essa
attribuiti dal quadro normativo delineato dagli articoli 14, comma 3,
e 16, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile  2003  n.  70,  norme
sulle quali, come vedremo, si sposta  quindi  la  censura,  sotto  il
profilo della possibile violazione costituzionale. 
    11.11 - Con il diciannovesimo motivo  di  ricorso  le  ricorrenti
contestano la legittimita'  della  procedura  abbreviata  cosi'  come
declinata all'art. 9 del Regolamento impugnato. E cio' sia in  virtu'
della rilevata difformita' dei presupposti legittimanti il ricorso  a
detta procedura con i requisiti richiesti in sede civile e penale per
la concessione di un'inibitoria;  sia  in  ragione  di  una  presunta
disparita' di trattamento tra categorie di soggetti, potendo chiedere
la procedura abbreviata solo i titolari dei  diritti  che  si  assumo
violati. 
    Cosi' come evidenziato dalle  resistenti,  nemmeno  tale  censura
puo' trovare  accoglimento,  in  quanto  il  procedimento  abbreviato
previsto  dall'art.  9  del  Regolamento  risponde  all'esigenza   di
rapidita'  dell'azione  a  tutela  del   diritto   d'autore   online,
considerato anche  che,  in  accoglimento  delle  osservazioni  della
Commissione europea, oltre che sulla spinta delle istanze  presentate
nel corso della consultazione  pubblica,  tutti  i  termini  previsti
nell'iniziale schema di regolamento approvato il 25 luglio 2013  sono
stati estesi nella versione finale. Cio', naturalmente, a  condizione
che si tratti - cime si e' gia'  detto  -  di  un  mero  procedimento
amministrativo disciplinato dalla legge, salvo approfondire l'aspetto
della  conseguente  possibile  illegittimita'  costituzionale   delle
stesse norme di base. 
    11.12 - Con il ventesimo e ultimo motivo di ricorso le ricorrenti
affermano che le osservazioni della Commissione  europea  sono  state
completamente   disattese   dall'Autorita'   nella   redazione    del
Regolamento  impugnato.  Anche  tale  ultima  censura   e'   peraltro
destituita di fondamento, in quanto con la  delibera  n.  452/13/CONS
del 25 luglio 2013  l'Autorita'  ha  dato  avvio  alla  Consultazione
pubblica sullo schema di regolamento ed ha comunicato quel testo alla
Commissione europea il  2  settembre  2013,  conformemente  a  quanto
previsto  dalla  direttiva  98/34/CE  (cd.  direttiva   trasparenza),
astenendosi dall'adottare il regolamento in modo  definitivo  per  il
periodo previsto (cd. periodo di stand still) ma, salvo  il  rispetto
degli eventuali atti della Commissione, cio' non determina un obbligo
giuridico  di  pedissequo  adeguamento  o  di  motivazione  aggravata
rispetto ai singoli punti delle osservazioni eventualmente rese dalla
stessa Commissione. 
    In  particolare,  la  Commissione  europea  il  3   dicembre   ha
comunicato le proprie osservazioni sullo  Schema  di  regolamento  ai
sensi dell'art. 8, comma 2, della direttiva n. 98134/CE, ed a seguito
dell'invio del testo finale riformulato con nota del  28  gennaio  ha
informato l'AGCom di non avere ulteriori commenti o osservazioni. 
    12  -  Ai  fini  della  decisione  del  giudizio  occorre  quindi
approfondire, come sopra anticipato, le questioni evocate dal  primo,
secondo, quinto, sesto, quindicesimo e sedicesimo motivo di  ricorso.
A  tale  riguardo,  osserva  preliminarmente  il  Collegio   che   la
controversia rivela una forte  carica  evocativa  metagiuridica,  che
deve necessariamente restare estranea al presente giudizio,  giudizio
che per tale ragione necessita di una decisione in punto  di  diritto
strettamente ancorata alla vigente normativa. 
    13 - Occorre dunque prendere le  mosse  dalla  ricostruzione  del
quadro giuridico di riferimento: 
      a) la competenza dell'AGCom per le garanzie nelle comunicazioni
in tema di tutela del diritto d'autore sulle  reti  di  comunicazioni
elettroniche trova fondamento nella legge 22  aprile  1941,  n.  633,
recante "Protezione del diritto d'autore e di altri diritti  connessi
al suo esercizio" (c.d. legge  sul  diritto  d'autore),  nonche'  nel
decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70  recante  "Attuazione  della
direttiva 2000/311CE relativa a taluni aspetti giuridici dei  servizi
della  societa'  dell'informazione,  in  particolare   il   commercio
elettronico, nel mercato interno" e, per  i  media  audiovisivi,  nel
decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (Testo unico  dei  servizi
di media audiovisivi e radio fonici); 
      b)  la  competenza  dell'AGCom  in  tema  di   contrasto   alle
violazioni che si  realizzano  sulla  rete  internet  per  mezzo  dei
servizi  offerti   dai   fornitori   dei   servizi   della   societa'
dell'informazione,  a  propria  volta,  rientra  nelle   attribuzioni
generali  relative  al  settore  delle   comunicazioni   elettroniche
riconosciute all'Autorita' dal relativo Codice  (decreto  legislativo
1° agosto 2003, n. 259); nonche' dai poteri regolatori previsti dalle
leggi istitutive (leggi n. 481 del 1995 e n. 249 del 1997); 
      c) per la tutela del copyright sulla  rete,  viene  in  rilievo
l'art. 182-bis della legge sul  diritto  d'autore  (introdotto  dalla
legge n. 248 del 2000), che investe l'AGCom (e la SIAE)  di  funzioni
di vigilanza al fine di  «prevenire  ed  accertare  violazioni  delle
prescrizioni in materia di diritto d'autore»; 
      d) l'impugnato regolamento fa, infine, specifico riferimento al
«decreto sul commercio elettronico» (il citato decreto legislativo n.
70/2003),  che  agli  articoli  14,  15,  16  e  17   disciplina   la
responsabilita'  del  prestatore  di  servizi  nell'esercizio   delle
attivita' di semplice trasporto delle informazioni ("mere  conduit"),
di memorizzazione temporanea ("caching") e di memorizzazione duratura
di informazioni ("hosting"), nonche' i poteri autoritativi  spettanti
al riguardo alle competenti Autorita' (giudiziaria e amministrativa),
escludendo che il prestatore di servizi sia  soggetto  a  un  obbligo
generale  di  sorveglianza  sulle  informazioni   che   trasmette   o
memorizza, ovvero ad un obbligo  generale  di  ricercare  attivamente
fatti o circostanze che indichino la presenza di  attivita'  illecite
(art. 17, comma 1), ma prescrivendo che lo stesso,  qualora  venga  a
conoscenza di presunte attivita' o informazioni illecite  riguardanti
un  destinatario  dei  suoi  servizi,  sia   "tenuto   a   informarne
immediatamente l'autorita' giudiziaria o quella amministrativa avente
funzioni di vigilanza"  (art.  17,  comma  2).  Inoltre,  secondo  il
decreto legislativo n. 70/2003 l'Autorita' amministrativa, al pari di
quella giudiziaria "puo' esigere, anche  in  via  d'urgenza,  che  il
prestatore  di  servizi  impedisca  o  ponga  fine  alle   violazioni
commesse, agendo prontamente per rimuovere le informazioni illecite o
per disabilitare l'accesso ad esse".  Infine,  l'art.  17,  comma  3,
afferma  la  responsabilita'  civile  dell'intermediario   che,   ove
"richiesto  dall'autorita'  giudiziaria   o   amministrativa   avente
funzioni di vigilanza, non (abbia)  agito  prontamente  per  impedire
l'accesso  a  detto  contenuto",  mentre  l'art.   5,   del   decreto
legislativo in parola stabilisce che «La libera  circolazione  di  un
determinato servizio della societa' dell'informazione proveniente  da
un  altro  Stato  membro  puo'  essere  limitata  con   provvedimento
dell'autorita' giudiziaria o degli organi amministrativi di vigilanza
o delle autorita' indipendenti di settore». 
    Cosi' come osservato dalle parti resistenti e dagli intervenienti
ad opponendum, il decreto legislativo n.70/2003 ha quindi  introdotto
nell'ordinamento un doppio  binario  di  tutela  -  amministrativa  e
giudiziaria - in tema di diritto d'autore sulle reti di comunicazione
elettronica, sull'affermato  presupposto  che  oggi,  a  seguito  del
processo di dematerializzazione delle opere protette,  le  violazioni
del copyright  che  nascono  sulla  rete  sono  sempre  piu'  diffuse
rispetto alle forme tradizionali di contraffazione e, come tali, piu'
difficili  da  reprimere,  e  che  il  private  enforcement  di   cui
all'azione inibitoria disciplinata all'art. 156 potrebbe  non  essere
piu' sufficiente a garantire forme adeguate di tutela, rendendo cosi'
necessario l'introduzione di meccanismi di public enforcement. 
    Pertanto  le  norme  di   legge   richiamate   dal   regolamento,
disciplinando gli obblighi che gravano sui prestatori di  servizi  ed
individuando al contempo l'AGCom quale autorita' che ne puo'  esigere
il rispetto, legittima l'intervento della  medesima  Autorita'  anche
sui servizi della societa' dell'informazione in veste  di  «autorita'
amministrativa avente funzioni di vigilanza», piuttosto che in  veste
di «autorita' indipendente  di  settore»  (cosi'  afferma  la  Difesa
dell'AGCom), e cio', osserva il Collegio, determina la non fondatezza
delle  dedotte  censure  di  illegittimita'   del   regolamento   per
violazione di legge, per violazione della  riserva  di  legge  e  per
incompetenza dell'AGCom. 
    Inoltre,  dalla   predetta   ricostruzione   normativa   discende
l'impossibilita' di parlare della procedura definita dal  regolamento
gravato come di un procedimento contenzioso o "para-giurisdizionale",
in quanto la stessa non mira a definire controversie tra operatori  o
tra questi e gli utenti, bensi' ad adottare  provvedimenti  inibitori
all'esito  di  "un   ordinario   procedimento   amministrativo"   pur
caratterizzato,  "potendo  incidere  su   valori   costituzionalmente
garantiti (appunto il diritto di accesso alla rete e la  liberta'  di
espressione)"  da  una  procedura   partecipata,   peraltro   secondo
l'ordinario  principio  di  partecipazione   procedimentale   secondo
modalita' compatibili con le ragioni d'urgenza, e non secondo il  ben
piu' pregnante principio  del  "contraddittorio"  processuale  e  del
"giusto processo" (cosi' afferma ancora la Difesa dell'AGCom), e cio'
vale ad escludere, osserva il Collegio,  anche  la  fondatezza  delle
ulteriori censure riferite, da un lato, alla violazione della riserva
di giurisdizione e del giudice naturale e, dall'altro, alle  esigenze
di partecipazione degli interessati. 
    14 - Dalla pregressa ricostruzione normativa, risulta dunque: 
      a) la competenza attribuita dalla legge  all'AGCom,  non  quale
autorita' indipendente ma quale amministrazione vigilante,  abilitata
non ad accertare e sanzionare le  violazioni  del  diritto  d'autore,
bensi' ad adottare provvedimenti recanti l'ordine  di  rimozione  dei
contenuti del web o di oscuramento dei siti immediatamente precettivi
nei confronti degli operatori della rete; 
      b) quindi, la tendenziale non coincidenza, rispetto ai soggetti
che hanno effettivamente violato il diritto  d'autore,  dei  soggetti
destinatati  del  gravoso  ordine  amministrativo  di  rimozione  dei
contenuti dalla rete o di oscuramento dei siti (gli operatori  e  gli
utenti  del  web),   con   il   coinvolgimento   di   altri   diritti
costituzionalmente protetti, quale la liberta' di manifestazione  del
pensiero di cui all'art. 21 Cost.; 
      c) cio' nonostante,  la  mancata  previsione,  da  parte  delle
citate disposizioni di legge, di  parametri  idonei  a  garantire  la
necessaria  ponderazione  fra  i   diversi   diritti   costituzionali
potenzialmente configgenti (e cio'  sarebbe  necessario  in  caso  di
riserva di legge assoluta), ovvero di criteri  che  garantiscano  che
una  tale  ponderazione  avvenga  nell'esercizio   delle   competenze
attribuite all'AGCom, fin dall'adozione del regolamento impugnato  (e
cio' sarebbe comunque necessario anche in caso di  riserva  di  legge
relativa); 
      d) in particolare, la mancanza di una disciplina  diretta,  nel
decreto legislativo n. 30/2003, della  ponderazione  fra  i  predetti
interessi  costituzionalmente  protetti,  risultando  la  norma,   al
contrario,  imperniata  solo  sulla  necessita'  di   adeguatezza   e
tempestivita'  dell'intervento.   D'altronde,   lo   stesso   decreto
legislativo lega espressamente l'esercizio  dei  poteri  interdittivi
attribuiti  all'AGCom   al   rispetto   dei   criteri   generali   di
ragionevolezza    e    proporzionalita',     riferendoli     peraltro
esclusivamente all'entita' e  alle  modalita'  della  violazione  del
diritto d'autore (episodica oppure massiva,  mediante  siti  italiani
oppure esteri...) e non anche  alle  possibili  conseguenze  per  gli
altri diritti costituzionalmente protetti  (in  particolare,  per  la
liberta' di manifestazione de pensiero e per la liberta' d'iniziativa
economica): in tal modo,  la  legge  pone  un  criterio  speciale  di
ragionevolezza  e  proporzionalita',  cui  l'AGCom  si  e'   attenuta
nell'esercizio della propria attivita' di amministrazione  vigilante,
e cio' preclude al Collegio la possibilita' di accogliere le  censure
di   violazione   dei   criteri   generali   di   ragionevolezza    e
proporzionalita' da parte del regolamento impugnato; 
      e)  l'estraneita',  rispetto   alle   preesistenti   competenze
giurisdizionali, del procedimento amministrativo  in  esame  che,  in
conformita' alle predette previsioni di legge, prende avvio a seguito
di  una  mera  delibazione   amministrativa   circa   la   fondatezza
dell'istanza di un privato o di un suo ente rappresentativo (quale la
SIAE) circa la  pretesa  sussistenza  di  una  violazione  della  sua
proprieta'  intellettuale  sul  web,  e  che  si  conclude   con   un
provvedimento     amministrativo      immediatamente      precettivo,
successivamente  impugnabile  davanti   al   TAR,   indipendentemente
dall'accertamento  (si  e'  gia'  detto,  tutt'altro   che   agevole)
dell'effettiva sussistenza di una violazione del diritto d'autore  da
parte del giudice ordinario; 
      f) la conseguente separazione fra i due "binari", ovvero fra il
nuovo   procedimento   amministrativo   e   la   previgente    tutela
giurisdizionale, in quanto l'attivazione  di  quest'ultima  da  parte
dell'interessato preclude la tutela amministrativa, ma  l'attivazione
del  procedimento  amministrativo  (cosi'  come  la  sua   successiva
archiviazione per adempimento spontaneo), non impediscono al  privato
o alla sua associazione  di  rivolgersi  successivamente  al  giudice
civile ed a quello penale per far valere la violazione (non si tratta
quindi di uno strumento  di  depenalizzazione  o  di  deflazione  del
contenzioso); 
      g) inoltre, la previsione che il  procedimento  amministrativo,
una  volta  avviato,  venga  archiviato  solo  se  e'  l'instante   a
rivolgersi al giudice ordinario: ne consegue che gli operatori e  gli
utenti del web  interessati  dal  procedimento  devono  attendere  il
provvedimento finale, per impugnarlo davanti al TAR, ma  non  possono
tempestivamente  difendersi  chiedendo  al   giudice   ordinario   di
accertare  l'insussistenza  dell'affermata  violazione  del   diritto
d'autore per evitare l'adozione del provvedimento, in quanto il  loro
ricorso  al  giudice  non  blocca  ne'   sospende   il   procedimento
amministrativo; 
      h) di conseguenza, la previsione di una tutela  amministrativa,
incondizionata ed in via d'urgenza, per il diritto d'autore,  diritto
riconducibile al diritto di  proprieta'  di  cui  all'art.  42  della
Costituzione (collocato al Titolo III fra  i  "rapporti  economici"),
pur essendo lo stesso, per la sua natura essenzialmente patrimoniale,
suscettibile di successivo ristoro  mediante  risarcimento,  ma  allo
stesso tempo la preclusione della possibilita' di evitare  l'adozione
dei conseguenti provvedimenti interdittivi  rivolgendosi  al  giudice
ordinario, a tutela della liberta' di  iniziativa  economica  di  cui
all'art. 41 della  Costituzione  (che  precede  l'art.  42)  e  della
liberta' di manifestazione del pensiero  di  cui  all'art.  21  della
Costituzione  (collocato  al  Titolo  I  fra  i  "rapporti  civili"),
palesandosi,  sotto  tale  profilo,  la  possibile   violazione   sia
dell'art. 24, che  assicura  la  tutela  giurisdizionale  dei  propri
diritti secondo parametri di effettivita',  sia  dell'art.  25  della
Costituzione,  che  sancisce  il  principio  del  "giudice  naturale"
(essendo  "giudice  naturale"  il  giudice  amministrativo   per   il
provvedimento amministrativo interdittivo, ma prima ancora il giudice
ordinario per la  compressione  del  diritto  di  manifestazione  del
pensiero). 
    15  -  Le  pregresse  considerazioni  conducono  il  Collegio   a
ritenere la non fondatezza delle censure di  merito  dedotte  con  il
ricorso in esame. Tuttavia questo  giudice,  quale  interprete  delle
leggi che trovano applicazione ai  fini  della  decisione,  prima  di
pronunciare la reiezione del ricorso deve interrogarsi se  le  stesse
siano compatibili con la nostra Costituzione. 
    E'    evidente,    infatti,     che     l'eventuale     pronuncia
d'incostituzionalita' priverebbe la "Delibera n. 680/13/CONS  del  12
dicembre 2013" recante il  «Regolamento  in  materia  di  tutela  del
diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettronica e  procedure
attuative»  e  l'"Allegato  A"  alla  predetta  delibera,  del   loro
fondamento legislativo e  consentirebbe  senz'altro  al  Collegio  di
annullarli, facendo riferimento alla relativa censura di  invalidita'
derivata,   evidenziandosi   la   rilevanza   della   questione    di
costituzionalita' ai fini del giudizio a quo. 
    16 - Quanto alla  non  manifesta  infondatezza  della  questione,
osserva  il  Collegio  che  il  diritto  d'autore,  quale   possibile
specifica espressione del diritto di proprieta' di  cui  all'art.  42
Cost.,  va  bilanciato  con  i  diritti  fondamentali   previsti   in
Costituzione (in questo caso: il diritto alla libera informazione del
gestore del sito web,  dell'internet  provider  e  del  fornitore  di
servizi media audiovisivi; il diritto di accesso di ogni persona alla
libera informazione in rete; il diritto degli operatori  economici  a
svolgere la propria attivita' sulla rete; il diritto alla  segretezza
della comunicazione intersoggettiva...). 
    La Costituzione, tuttavia,  ha  posto  in  un  diverso  ordine  i
diritti fondamentali e le liberta' economiche, ammettendo, in caso di
conflitto,  il  sacrificio  di  quest'ultime.  Nel  caso  di  specie,
viceversa, la rimozione dei contenuti illeciti sembra poter ledere le
liberta' fondamentali di diffusione e di comunicazione sopraindicate,
posponendole rispetto  al  diritto  del  proprietario  dell'opera  di
ingegno e delle societa', come la SIAE, che  percepiscono  una  quota
delle relative utilita', pur trattandosi di diritto che, per  la  sua
natura economica, e' comunque suscettibile di ristoro patrimoniale in
sede risarcitoria. 
    La Costituzione, inoltre, richiede  che  i  diritti  fondamentali
siano presidiati dalla garanzia della riserva di legge (artt. 21 e 41
Cost.), la quale impone un  inderogabile  ordine  di  intervento  tra
legge e  regolamento,  e  dalla  riserva  di  tutela  giurisdizionale
(articoli 24 e 25 Cost.), e le disposizioni di legge sopra illustrate
sembrano determinare la violazione di entrambe le predette garanzie. 
    17 - La liberta' di espressione del pensiero, prevista  dall'art.
21 Cost. tra le liberta'  fondamentali,  a  propria  volta  e'  stata
ripetutamente oggetto di attenzione  da  parte  della  giurisprudenza
costituzionale. Gli aspetti piu' innovativi  di  tale  giurisprudenza
sono,  in  particolare,  quelli   che   si   collegano   al   settore
dell'informazione.   Infatti,   se   da   una   parte   nel   dettato
costituzionale vi e' la completa assenza  di  qualsivoglia  esplicito
riferimento   a   posizioni   soggettive   tutelate   nella   materia
dell'informazione, dall'altra l'interpretazione giurisprudenziale  ha
permesso di  ricostruire  sia  i  profili  attivi  dell'attivita'  di
informare, che quelli passivi,  riferibili  alla  circolazione  delle
informazioni ed alla loro ricezione, desumibili dalla stessa norma. 
    Tale   interpretazione   ha   progressivamente   evidenziato   il
collegamento tra la liberta' di informazione e le  forme  proprie  di
una  democrazia  pluralista  come  la  nostra.  Gia'  Kant,  ne   "La
metafisica dei costumi", affermava che «soltanto la volonta' concorde
e collettiva di tutti, in quanto ognuno decide  la  stessa  cosa  per
tutti e tutti la decidono per ognuno, eppero'  soltanto  la  volonta'
generale collettiva del popolo puo' essere legislatrice». 
    Successivamente Habermas, nel ricostruire la storia dell'opinione
pubblica, stabiliva che possono considerarsi  legittime  solo  quelle
leggi che nascono da un processo  legislativo  discorsivo,  il  quale
rinviene la sua fonte di legittimazione nei presupposti  comunicativi
e procedurali della formazione dell'opinione pubblica. 
    La forma di stato democratica, seguendo questa linea di pensiero,
deve trovare la sua base  nell'esistenza  di  una  opinione  pubblica
«avvertita e consapevole» (C. Cost. Sent. n. 105/1972) in  grado  «di
svilupparsi attraverso la pari concorrenza di tutti  alla  formazione
della volonta' generale» (C. Cost. n. 112/1993). 
    Si coglie cosi' la coessenzialita' tra la liberta' di espressione
usata a fini informativi e la forma  di  stato  democratico,  la  cui
natura implica «pluralita' di fonti di informazione,  libero  accesso
alle medesime,  assenza  di  ingiustificati  ostacoli  legali,  anche
temporanei alla circolazione delle notizie e delle idee» (C. Cost. n.
105 del 1972). Questa visione ha condotto ad accentuare il  carattere
fondamentale dell'art. 21 Cost., inteso come «pietra  angolare  della
democrazia» (sent. n. 94 del 1977),  e  a  considerarlo,  cosi'  come
tutti i diritti fondamentali della persona,  diretta  emanazione  del
piu' generale diritto alla dignita' della persona  umana,  che  anima
l'art. 2 Cost. e permea di se' l'intero ordinamento. 
    A cio' consegue che ogni  restrizione  delle  liberta'  garantite
dalla norma deve fondarsi su un primario interesse costituzionale. La
Corte costituzionale, per quanto il testo del comma 1,  dell'art.  21
Cost. non lo esplichi, ha ritenuto sin dalla sentenza n. 9  del  1965
che «tutte le limitazioni sostanziali di queste liberta' non  possono
essere poste se  non  per  legge  e  debbano  trovare  fondamento  in
precetti e principi costituzionali». 
    18 - La flessibilita'  del  dettato  costituzionale,  oltre  aver
permesso un'interpretazione funzionale della norma, ha consentito  di
arricchire i principi enunciati nell'art. 21 con quelli  espressi  in
altre  norme,  come  quelli   in   tema   di   liberta'   economiche.
L'informazione, infatti, come frutto del lavoro umano, ha un costo in
termini  di  tempo  e  investimenti  necessari   a   produrla   e   a
documentarla, e un valore di scambio legato alla sua utilita' per  il
conseguimento di obiettivi di vario tipo. L'evoluzione dei  mezzi  di
produzione  e  comunicazione  delle  informazioni,  poi,   ha   fatto
progressivamente emergere il valore economico  dell'informazione  dal
punto di vista della sua essenzialita' per la crescita produttiva,  e
sono sorte molteplici iniziative  imprenditoriali  focalizzate  sulla
produzione e distribuzione di informazioni. 
    Ne consegue che il diritto  di  informare,  da  una  parte,  come
profilo passivo, e' posto a tutela dei singoli utenti, ai fini di una
loro effettiva partecipazione alla vita democratica, dall'altra, come
profilo attivo, e' teso a proteggere coloro che operano  nel  sistema
dei media, per assicurare che le informazioni  immesse  nel  circuito
economico contribuiscano  alla  crescita  del  mercato,  oltreche'  a
garantire ai  singoli  utenti  la  possibilita'  di  scelta  tra  una
molteplicita' di fonti informative. Diventa, pertanto, obbligata  una
lettura congiunta dell'art. 21  con  l'art.  41  della  Costituzione,
inteso in senso ampio non come mera liberta' di attivita' di impresa,
ma come copertura costituzionale di ogni atto  con  cui  il  soggetto
scelga  il  fine  economico  da   perseguire,   in   linea   con   la
configurazione  della  liberta'  economica  come  di  un  diritto  di
liberta' proprio della persona. 
    E' ormai pacifico, peraltro, che nell'art.  41,  comma  1,  trovi
sede il principio di concorrenza in senso oggettivo,  come  interesse
di rango costituzionale soggetto a tutti i limiti di cui all'art. 41,
commi 2 e 3. Le esigenze di «utilita' sociale», di cui  al  comma  2,
dell'art. 41, devono essere bilanciate con la concorrenza  (C.  Cost.
n.  386  del  1996;  analogamente,  C.  Cost.  n.  241  del  1990)  e
l'individuazione delle medesime non deve apparire arbitraria, ne'  le
stesse devono  essere  perseguite  dal  legislatore  mediante  misure
palesemente incongrue (C. Cost. n. 548 del 1990; C. Cost. n. 152  del
2010 e n. 167 del 2009), assumendo rilievo in tale valutazione  anche
il «carattere temporalmente limitato della disciplina» che le prevede
(C. Cost. n. 94 del 2009).  La  necessita'  che  dette  misure  siano
ragionevoli  e  non  realizzino  una  ingiustificata  disparita'   di
trattamento rende chiara la correlazione tra  gli  articoli  3  e  41
Cost. 
    In quest'ottica si pone il comma 2, dell'art. 1, decreto-legge 24
gennaio 2012, n. 1, convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27:  «...Le
disposizioni  recanti  divieti,  restrizioni,  oneri   o   condizioni
all'accesso ed all'esercizio delle attivita' economiche sono in  ogni
caso interpretate ed applicate  in  senso  tassativo,  restrittivo  e
ragionevolmente proporzionato alle perseguite finalita' di  interesse
pubblico generale, alla stregua dei  principi  costituzionali  per  i
quali l'iniziativa economica privata e' libera secondo condizioni  di
piena concorrenza e pari opportunita' tra tutti i soggetti,  presenti
e futuri, ed ammette  solo  i  limiti,  i  programmi  e  i  controlli
necessari ad evitare possibili danni alla  salute,  all'ambiente,  al
paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla sicurezza,  alla
liberta', alla dignita' umana e possibili  contrasti  con  l'utilita'
sociale, con l'ordine pubblico, con il sistema tributario e  con  gli
obblighi comunitari ed internazionali della Repubblica». 
    Quindi, il legislatore puo' e deve mantenere forme di regolazione
dell'attivita' economica, ma le eventuali restrizioni  e  limitazioni
alla   libera   iniziativa   economica   devono   trovare    puntuale
giustificazione  in  interessi  di  rango  costituzionale   o   negli
ulteriori interessi che il legislatore statale ha  previsto  all'art.
3, del D.L. n. 1 del 2012 (C. Cost. n. 200 del 2012). 
    Il   principio   della    liberalizzazione    prelude    a    una
razionalizzazione della regolazione, che cancella, da  un  lato,  gli
ostacoli al libero esercizio dell'attivita' economica che si rivelino
inutili  o  sproporzionati  e,  dall'altro,  mantiene  le   normative
necessarie a garantire che le dinamiche economiche non si svolgano in
contrasto con «l'utilita' sociale» (C. Cost. numeri  247  e  152  del
2010, n. 167 del 2009 e n. 388 del 1992). 
    19 - I profili di possibile illegittimita' costituzionale fin qui
evidenziati attengono alle carenze di contenuto delle norme di  legge
in esame, che secondo il Collegio, in sintesi, non sembrano garantire
le previste riserve di legge e  di  tutela  giurisdizionale,  ma  non
escludono la  configurabilita'  di  ulteriori  possibili  profili  di
illegittimita'  costituzionale,  quanto  alla  non  conformita'   dei
contenuti del diritto positivo  considerato  allo  specifico  dettato
costituzionale concernente la tutela dei diritti fondamentali. Appare
dunque necessario approfondire la questione, anche  in  relazione  al
carattere conformativo che, in tal caso,  la  eventuale  sentenza  di
annullamento produrrebbe nei confronti del legislatore ordinario  pro
tempore. 
    In particolare, l'art. 21 Cost. al primo ed all'ultimo comma pone
una tutela generale del diritto di manifestazione del pensiero  (oggi
declinabile come diritto di informare ed  essere  informati)  ponendo
una riserva di legge per la disciplina degli eventuali limiti, mentre
ai commi 2 e seguenti detta una speciale disciplina di  garanzia  per
la «stampa», ponendo una stringente riserva  giurisdizionale  per  il
suo eventuale sequestro, che puo' avvenire, solo nei casi  prefissati
per legge, e comunque solo per atto dell'autorita' giudiziaria o,  in
caso di estrema urgenza, con atto da essa convalidato entro 48 ore. 
    20 - Il tema dell'esercizio in internet di diritti costituzionali
di manifestazione del pensiero riconducibili ai commi 2 ss. dell'art.
21 Cost. richiede, quindi, una verifica del grado di  prescrittivita'
di tali diritti di fronte a una realta'  non  immaginabile  al  tempo
della loro creazione. 
    Si  tratta,  in  particolare,  di  verificare  se  sia  possibile
un'interpretazione   delle   disposizioni   costituzionali   che   li
ricomprenda, mantenendo il significato dei segni linguistici  di  cui
si compongono, ma consentendone l'applicazione  a  situazioni  nuove,
ignote alla mens legis, ma riconducibili alle rispettive rationes. 
    In particolare, nel caso di specie si tratta di  appurare  se  le
garanzie previste dall'art. 21 Cost. per  la  stampa  possano  valere
anche per il "mezzo di comunicazione" internet.  Si  deve  procedere,
dunque,  all'analisi  del  concetto  di  stampa,  partendo  dal  dato
normativo per poi analizzare la giurisprudenza della Consulta e della
Cassazione. 
    La l. 8 febbraio 1948, n. 47, all'art. 1:  stabilisce  che  "Sono
considerate stampe o stampati, ai fini  di  questa  legge,  tutte  le
riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi  meccanici  o
fisico-chimici, in  qualsiasi  modo  destinate  alla  pubblicazione".
Secondo l'art. 5, inoltre: «Nessun giornale o periodico  puo'  essere
pubblicato se non sia stato  registrato  presso  la  cancelleria  del
tribunale,   nella   cui   circoscrizione   la   pubblicazione   deve
effettuarsi». 
    Per la l. 7 marzo 2001, n. 62, art. 1 «Per "prodotto editoriale",
ai fini della presente legge, si intende il  prodotto  realizzato  su
supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto  informatico,
destinato  alla  pubblicazione  o,  comunque,  alla   diffusione   di
informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico,  o
attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei
prodotti discografici o cinematografici». 
    Viene poi in rilievo il citato decreto legislativo 9 aprile 2003,
n. 70, per il cui art. 7, comma 3, viceversa: «La registrazione della
testata editoriale telematica e' obbligatoria esclusivamente  per  le
attivita' per le quali i prestatori del servizio intendano  avvalersi
delle provvidenze previste dalla legge 7 marzo 2001, n. 62». 
    Dunque,  il  costituente  quando  ha  voluto  far  riferimento  a
manifestazioni di pensiero diverse dalla stampa lo ha esplicitato,  e
cio' e' desumibile dall'ultimo comma dell'art. 21 Cost. La  legge  n.
47/1948 ha offerto una definizione di «stampa  e  stampati»  volta  a
esplicare il concetto di  «stampa»  richiamato  in  Costituzione.  La
legge n. 62/2001, allo  scopo  di  attualizzare  la  disciplinare  in
materia e favorire  lo  sviluppo  dell'editoria  e  dell'informazione
telematica, ha  poi  equiparato  il  «il  prodotto  editoriale»  alla
«stampa e agli stampati». Il «prodotto  editoriale»  costituisce  una
categoria di genere molto ampia e  tesa  ad  abbracciare  l'attivita'
delle imprese editoriali - tanto on-line, che  off-line,  assimilando
tutte le varie sottospecie di  pubblicazioni  oggi  editabili  (carta
stampata, riviste informatiche, riviste telematiche, e-book). 
    Infine, dall'art. 5, della l. n. 47/48 e dall'art. 7, del decreto
legislativo n. 70/2003 si evince che,  solo  qualora  l'organizzatore
della  pubblicazione  proceda  spontaneamente  all'iscrizione   della
stessa nel registro della stampa,  tale  pubblicazione  potra'  dirsi
giuridicamente «stampato» e, quindi, «prodotto editoriale». 
    Tirando le somme, a  giudizio  del  Collegio  la  disciplina  che
regola la stampa puo' essere estesa  ai  prodotti  digitali  solo  in
presenza dei requisiti espressamente previsti dalla l. 62  del  2001:
si deve cioe' trattare di prodotto dotato di  testata,  di  finalita'
informativa legata all'attualita' e di periodicita' regolare. 
    In tal senso si pone anche la giurisprudenza costituzionale  (fra
le altre, con la sentenza n. 38/1961). 
    E della Corte di Cassazione (Sent. 27 settembre 2007,  n.  39354,
Sent. 10 marzo 2009, n. 10535, Sent. 5 marzo 2014, n. 10594). 
    21 - Peraltro, il Collegio ritiene  necessario  ribadire  che  la
questione qui affrontata  non  concerne  l'eventuale  estensione  per
analogia della disciplina dettata per la stampa dai commi da  2  a  5
dell'art. 21 Cost. a tutti  gli  altri  casi  di  manifestazione  del
pensiero tutelati ai sensi del comma 1 dello stesso articolo, secondo
improbabili evoluzioni normative che finirebbero per  sovrapporre  la
volonta' dell'interprete a quella del costituente, e neppure concerne
l'eventuale  obbligo  del  legislatore  ordinario  di  allineare   le
discipline delle  diverse  fattispecie  (a  cio'  il  legislatore  ha
provveduto, nell'ambito della propria  discrezionalita'  legislativa,
per le testate del web registrate secondo le norme sulla stampa). 
    Occorre, invece, valutare  se  l'originario  testo  della  nostra
Costituzione, che nella sua assoluta e  straordinaria  modernita'  ha
garantito fra i  principi  fondamentali  i  diritti  inviolabili  dei
singoli  (art.  2),  tutelando  in  tale   ambito   ogni   forma   di
manifestazione del pensiero (art. 21, comma 1), non ponga  un  limite
"intrinseco"  alla  discrezionalita'  del  legislatore   chiamato   a
riempire di contenuti la prevista riserva di legge, e se, quindi,  il
legislatore ordinario, alla stregua di un criterio di  ragionevolezza
e proporzionalita', non possa assicurare garanzie minori, rispetto  a
quelle gia' previste per la stampa dai commi 2 ss. dell'art. 21 Cost.
per le nuove forme di manifestazione del pensiero che, come internet,
nel tempo vi si sono affiancate quanto  al  rilievo  per  l'esercizio
delle liberta' civili e della partecipazione politica e sociale, e se
lo stesso legislatore debba quindi porre  discipline  ragionevolmente
efficaci e  bilanciate,  secondo  le  previsioni  costituzionali,  di
tutela del diritto inviolabile di manifestazione del pensiero (ovvero
di informare e di  essere  informati)  rispetto  agli  altri  diritti
fondamentali   potenzialmente   configgenti   (privacy,    proprieta'
intellettuale...). 
    22 - In particolare, la previsione di una tutela privilegiata per
la sola stampa era una  disposizione  figlia  del  tempo  in  cui  fu
scritta,  quando  la  stampa  costitutiva  il  principale  mezzo   di
diffusione del pensiero. Successivamente, alla piu' ampia  diffusione
della radio, gia' esistente ai tempi  dell'assemblea  costituente,  e
all'avvento  della  televisione  (in  Italia   il   primo   programma
sperimentale risale al 1949, e il «regolare servizio di  trasmissioni
televisive» ha inizio solo il 3 gennaio 1954) non  segui'  l'esigenza
di  un'estensione  delle  garanzie  costituzionali  previste  per  la
stampa. Il sistema radiotelevisivo, infatti,  si  caratterizzava  per
peculiarita' differenti da quelle  della  carta  stampata  in  quanto
oggetto di monopolio controllato dal Governo, in seguito  trasformato
in un servizio pubblico guidato dal Parlamento. 
    La situazione ha iniziato a mutare negli anni ottanta, quando  il
sistema radiotelevisivo pubblico si e' progressivamente  aperto  alla
concorrenza dei privati, e negli anni novanta, in cui si e' delineato
un sistema misto pubblico privato, e infine negli scorsi anni, quando
la  trasmissione  in  tecnica  analogica  e'  stata   convertita   in
trasmissione in tecnica  digitale,  richiedendo  migliori  discipline
antitrust in tema di distribuzione delle risorse tecnologiche e delle
risorse finanziarie. 
    A cambiare radicalmente il mondo della comunicazione di massa  e'
stato, pero', l'avvento e lo sviluppo di internet. L'uso  della  rete
ha  segnato  una  nuova  frontiera  della  liberta'  di  espressione,
informazioni prima  inaccessibili,  come  quelle  sull'esercizio  del
potere da parte degli Stati hanno raggiunto ogni  angolo  del  globo,
cosicche' «la formula della conoscenza come bene comune,  vitale  per
la democrazia, si e' fatta concreta». Un  tale  contesto,  totalmente
differente da quello in cui fu scritta la Carta  fondamentale,  e  la
descritta  modernita'  e  capacita'   di   adattamento   del   quadro
costituzionale  concernente  la  liberta'  di  espressione  inducono,
quindi, questo giudice a sottoporre all'adita Corte anche l'eventuale
necessita' di una lettura  delle  norme  costituzionali  in  tema  di
liberta'  di  espressione  e  di  diritto  all'informazione  tale  da
garantire una tutela equivalente a  quella  prevista  per  la  stampa
anche ai nuovi mezzi di diffusione del pensiero mediante la rete. 
    Cio' non poiche' stampa ed internet siano equiparabili (anzi,  le
modalita' sono radicalmente nuove e diverse) ma  poiche'  la  odierna
societa' dell'informazione, cablata e  unita  in  tempo  reale  dalla
rete, ha affiancato il ruolo di internet a quello della stampa  quale
momento essenziale della liberta' di manifestazione del pensiero, del
diritto di informare ed essere informati, del pluralismo  democratico
e della liberta' d'iniziativa economica secondo condizioni  di  piena
concorrenza. Internet dunque, almeno  sul  piano  «quantitativo»  del
numero delle «fonti», della circolarita' dell'informazione consentita
dalla possibilita' di feed-back immediato e del numero degli "utenti"
(in crescita esponenziale rispetto all'inarrestabile calo dei lettori
della "stampa" tradizionale, che sta cercando di adeguarsi  al  nuovo
mondo), e' gia' oggi uno dei principali strumenti di attuazione della
"liberta' di manifestazione del pensiero" sancita dall'art. 21 Cost. 
    23 - Osserva  il  Collegio  che  le  considerazioni  sopraesposte
sembrano altresi' trovare conferma nella giurisprudenza  della  Corte
di Giustizia, che con la sentenza C 70/10 (III Sezione, SABAM  contro
SCARLEI)  prevede  che  siano  (solo)  «gli  organi   giurisdizionali
nazionali»  a  poter  ingiungere  agli   intermediari   di   adottare
provvedimenti «volti a porre fine  alle  violazioni  dei  diritti  di
proprieta' intellettuale» (in questo senso, anche sentenza 12  luglio
2011, causa C 324/09, L'Oreal e altri). Pertanto, "le Autorita' ed  i
giudici  nazionali  devono  in  particolare   garantire   un   giusto
equilibrio tra la tutela del diritto di proprieta' intellettuale,  di
cui godono i titolari di diritti d'autore, e  quella  della  liberta'
d'impresa". 
    Per tale ragione, l'ingiunzione di creare  un  filtro  preventivo
generalizzato "rischierebbe di ledere la  liberta'  di  informazione,
poiche' tale sistema potrebbe non  essere  in  grado  di  distinguere
adeguatamente tra un contenuto lecito ed un contenuto illecito". 
    Infatti, "e' indiscusso che la questione della  liceita'  di  una
trasmissione dipende anche dall'applicazione di eccezioni di legge al
diritto di autore che variano da uno Stato membro all'altro. Inoltre,
in certi Stati membri talune opere  possono  rientrare  nel  pubblico
dominio o possono essere state messe in linea gratuitamente da  parte
dei relativi autori". 
    Pertanto,  neppure  il  giudice   nazionale   potrebbe   adottare
l'ingiunzione che costringe  il  FAI  a  predisporre  il  sistema  di
filtraggio controverso, poiche' cio' non rispetterebbe "l'obbligo  di
garantire un giusto  equilibrio  tra,  da  un  lato,  il  diritto  di
proprieta' intellettuale e, dall'altro, la liberta'  di  impresa,  il
diritto alla tutela dei dati personali e la liberta' di ricevere o di
comunicare informazioni". 
    Con la sentenza C - 461/10 (III Sezione,  Bonnier  Audio  AB  and
Others contro Perfect Communication Sweden), la  Corte  di  Giustizia
aggiunge che,  nella  trasposizione,  segnatamente,  delle  direttive
2002/58 e 2004/48, "gli Stati membri devono avere cura di fondarsi su
un'interpretazione delle direttive  medesime  tale  da  garantire  un
giusto  equilibrio  tra  i  diversi  diritti  fondamentali   tutelati
dall'ordinamento giuridico dell'Unione" e «che non entri in conflitto
con i summenzionati diritti fondamentali o  con  gli  altri  principi
generali del diritto dell'Unione, quale, ad esempio, il principio  di
proporzionalita'». 
    Inoltre, secondo la recente sentenza della Corte di Giustizia (IV
Sezione) del 27 marzo 2014 (C - 314/12  -  UPC  Telekabel  Vien  Gmbh
contro  Constantin  Film  Verleih  Gmbh)  "i   diritti   fondamentali
riconosciuti dal diritto dell'Unione devono essere  interpretati  nel
senso che non ostano a che sia vietato, (purche') con  un'ingiunzione
pronunciata da un giudice, a un fornitore di accesso ad  internet  di
concedere ai suoi abbonati l'accesso ad un sito Internet che metta in
rete materiali protetti senza il consenso dei titolari dei diritti". 
    Occorre pero' che "tale ingiunzione non specifichi  quali  misure
tale fornitore d'accesso deve adottare"  e  che  "quest'ultimo  possa
evitare sanzioni per la violazione di tale ingiunzione dimostrando di
avere adottato tutte le misure ragionevoli" ed inoltre che "le misure
adottate  non  privino  inutilmente  gli  utenti  di  internet  della
possibilita'  di  accedere   in   modo   lecito   alle   informazioni
disponibili". Occorre, infine, che "tali misure abbiano l'effetto  di
impedire  o,  almeno,  di  rendere  difficilmente   realizzabili   le
consultazioni non autorizzate", circostanza (solo  quest'ultima)  che
spetta (indifferentemente) "alle autorita'  e  ai  giudici  nazionali
verificare". 
    Nelle decisioni citate  il  "doppio  binario",  amministrativo  e
giurisdizionale,  previsto  dalle  direttive  comunitarie  richiamate
dall'AGCom,  sembra  quindi  temperato  dalla   necessita'   che   le
limitazioni dell'accesso ad internet a tutela  del  diritto  d'autore
siano  ponderate  con  gli  altri   diritti   sanciti   dal   diritto
dell'Unione, alla stregua di un principio di proporzionalita', e che,
comunque, siano sottoposte ad un previo vaglio del giudice nazionale,
fermo  restando   che   il   recepimento   delle   stesse   direttive
nell'ordinamento italiano non puo' in  ogni  caso  prescindere  dalle
tutele accordate dalla nostra Costituzione  ai  diritti  fondamentali
potenzialmente configgenti. 
    24 - Conclusivamente, il Collegio ritiene  necessario  sottoporre
alla  Corte  costituzionale  la  seguente  questione  incidentale  di
legittimita' costituzionale, rilevante ai fini della definizione  del
giudizio a quo,  ovvero  ai  fini  della  eventuale  declaratoria  di
illegittimita' del regolamento dell'AGCom impugnato con il ricorso in
epigrafe e del suo conseguente annullamento in sede  giurisdizionale,
volta ad ottenere una  pronuncia  pregiudiziale  circa  la  possibile
illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 1, e degli  articoli
14, comma 3, 15, comma 2, e 16, comma 3, del  decreto  legislativo  9
aprile 2003, n. 70, nonche' del comma 3 dell'art.  32-bis  del  testo
unico dei servizi di media audiovisivi e  radiofonici  approvato  con
decreto legislativo n. 117 del 2005, come introdotto dall'art. 6, del
decreto legislativo n. 44 del 2010, sulla cui base e' stata  adottata
la impugnata "Delibera n. 680/13/CONS del 12 dicembre  2013"  recante
il "Regolamento in materia di tutela del diritto d'autore sulle  reti
di comunicazione elettronica e procedure attuative" e l'"Allegato  A"
alla predetta delibera, per la violazione dei principi di riserva  di
legge e di tutela giurisdizionale in  relazione  all'esercizio  della
liberta' di manifestazione del pensiero e  di  iniziativa  economica,
sanciti dagli articoli 2, 21, I comma, 24 e  41  della  Costituzione,
nonche'  per  la  violazione  dei   criteri   di   ragionevolezza   e
proporzionalita' nell'esercizio della discrezionalita' legislativa  e
per la violazione del principio del giudice  naturale,  in  relazione
alla mancata previsione di garanzie e di tutele  giurisdizionali  per
l'esercizio della liberta' di manifestazione del pensiero sulla  rete
almeno equivalenti a quelle sancite per la stampa, con la conseguente
violazione degli articoli 21, commi 2 e seguenti, 24 e 25,  comma  1,
della Costituzione.